sabato 6 luglio 2013

L'iPod di Andy Warhol

Un'immagine di uno dei tanti barattoli di zuppa Campbell, resa icona da Andy Warhol, mi ha suggerito un immediato parallelo con uno degli oggetti di culto degli ultimi anni, l'iPod.
Non c'è bisogno di essere esperti d'arte per vedere come Warhol abbia voluto trasfigurare, nelle sue riproduzioni della zuppa in lattina, un oggetto di largo consumo totalmente standardizzato. La zuppa confezionata era il simbolo di un'economia e di una società in crescita, che non aveva tempo da perdere a cucinare, che doveva avere la certezza di trovare in qualsiasi lattina sempre lo stesso prodotto, con la stessa qualità, la stessa consistenza, l'odore, il colore e il sapore di sempre. Nessun imprevisto avrebbe potuto sorprendere il consumatore intento con l'apriscatole a sollevare il lembo di tagliente metallo che richiudeva il familiare denso alimento. 
La zuppa confezionata era il simbolo del nuovo focolare domestico, non più custodito dalle amorevoli cure di una donna di casa, ma i cui perimetri erano definiti da un vibrante refrigeratore, da una rumorosa lavapiatti e da un mobile di pregiato legno scuro a protezione di uno schermo fluorescente. Lente attraverso la quale le immagini del mondo avevano accesso all'immaginazione delle famiglie americane, stimolandola, modificandola e guidandola verso l'acquisto di tanti altri baluardi del progresso. La zuppa Campbell si era trasformata nell'americano medio.
Warhol la ritrae più volte, così come avrebbe fatto con molti personaggi divenuti miti popolari; la riproduce in serie proprio come in serie viene prodotta nella realtà; ne rappresenta tutta la gamma: quella al pomodoro, quella al pollo, ai funghi, e smetterà solo quando avrà raffigurato tutte le versioni presenti sugli scaffali degli store. Nessuna variante della zuppa sarebbe sfuggita alla trasfigurazione di Warhol: far diventare arte, oggetto di culto, un cibo popolare e cheap.
Warhol tuttavia è così acuto, ha così ben capito il suo tempo, che non si limita a rappresentare il prodotto, ma l'intero processo che porta alla sua produzione, replicando le immagini infinite volte, cambiando i colori quasi a voler fissare sulla tela o sulla carta il risultato del processo di produzione di massa. Grazie a Warhol la zuppa Campbell diventa icona, immagine simbolo, diventa arte contemporanea.
Trovo che questa evoluzione da prodotto di massa a oggetto estetico abbia la sua corrispondenza antisimmetrica nell'iPod. In questo caso il cammino è inverso: si parte da un'idea di bellezza, di forma, di design innovativo, di piacere estetico visivo e tattile e lo si materializza in un manufatto di alluminio, plastica, vetro e silicio che diventa il supporto dell'idea di bellezza, acquisisce la funzione che la tela e la carta hanno in Warhol.
Il prodotto realizzato in serie, in decine di colori e diversi formati, diventa veicolo esso stesso di un ideale estetico e del piacere. Non è più un prodotto di massa a diventare bello, ma è il bello che va a dimorare su un prodotto di massa rendendolo simbolo di un modo di vivere: il dinamismo, il gusto raffinato, la modernità, ma anche l'isolamento dagli altri attraverso l'ascolto in cuffia e tuttavia il riconoscimento di coloro che condividono le stesse scelte, di coloro che optano per un “non luogo” privato, fatto di musica, e si sottraggono ai non luoghi del supermercato, degli aeroporti, dell'ufficio, della via di casa. Li accompagna la sensazione di appartenenza a una nuova classe, tecnologica, elitaria, “creativa”..
E’ nella natura delle cose e delle infinite metamorfosi dell’arte e dei suoi significati che la prima serie del lettore musicale della Apple sia stata esposta al MOMA di New York poco lontano proprio dalla Warhol’s Collection.
Se vivesse ancora Warhol non ritrarrebbe l'iPod su una tela come fece con la zuppa Campbell e con decine di altre icone: l'iPod non ha bisogno di diventare arte, è già materializzazione estetica. Warhol invece dipingerebbe gli iPod, proprio come fossero essi stessi la tela, li vestirebbe di tante piccole zuppe Campbell miniaturizzate o, meno anacronisticamente, di tanti altri piccoli iPod, in una meta-lettura estetica che prosegua all'infinito, mentre l'arte, facendosi materia fisica, si riprodurrebbe, rincorrerebbe se stessa e rischierebbe di snaturarsi, di diventare maniera o, addirittura, prodotto di massa, finendo così per essere non dissimile da un latta di zuppa conservata.

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