mercoledì 25 marzo 2015

Giacometti o dell'organizzazione - 3

Giunge alla sua ultima tappa, forse, il nostro percorso in compagnia dell'opera di Alberto Giacometti. Negli articoli precedenti abbiamo parlato dell'apparente continua insoddisfazione dell'artista davanti alla sua opera, il bisogno incessante di doverla modificare, plasmare in una tensione espressiva che sembra non riuscire mai a trovare compimento, a far emergere una verità interiore complessa e magmatica che vediamo increspare la superficie delle sue sculture.
Un'opera essenzialmente imperfetta, in senso etimologico, non portata a termine, che non trova definizione, confini. L'imperfezione è la     condizione necessaria per qualsiasi cambiamento: non c'è miglioramento senza imperfezione. La perfezione invece è il coronamento di un processo di creazione che non può più essere diverso da quello che è, non può più arricchirsi, integrarsi. È compiuto e nel suo compimento è depauperato di qualsiasi potenzialità alternativa. Può solo distruggersi, annullarsi, perdere qualsiasi senso nella sua perfezione statica perché il senso, la direzione, il significato sono termini relativi che rimandano ad altro. Sono tappe, passaggi, pietre miliari lungo un cammino. Non trovano spazio nella perfezione, nella perfezione tutto si ferma e finisce.

Cambiamento, miglioramento, evoluzione vivono di imperfezioni. Se ci lasciamo trascinare dall'opera di Giacometti e portiamo l'attenzione alle organizzazioni e alle imprese ci rendiamo conto dell'importanza dell'imperfezione per la sopravvivenza di quelle realtà.  Non esiste mai un modello organizzativo perfetto, esiste invece un sovrapporsi di imperfezioni in costante dialogo. Un modello astratto non trova mai realizzazione: un'organizzazione è sempre il risultato in fieri di infinite dinamiche che si integrano, si combattono, si selezionano. Organizzazione deriva dal latino organum, strumento, mezzo. L'organizzazione è lo strumento con cui gli uomini realizzano un risultato, l'organizzazione quindi incide sul risultato da realizzare, non è una distribuzione di potere e funzioni. Organum deriva dal greco èrgon che significa lavoro. L'organizzazione è uno strumento di lavoro, un mezzo finalizzato alla collaborazione delle persone, non un santuario dove si celebrano le stratificazioni del potere e della gerarchia. È un costante tentativo di raggiungere e migliorare un obiettivo condiviso. L'organizzazione è pertanto in sé giacomettiana, in costante divenire, una tensione creatrice collettiva dove migliaia di dita plasmano l'opera. Non può essere - e non è mai, in realtà - imposta dall'alto: è un costante processo negoziale in buona parte inespresso, latente, generato dall'interdipendenza dei comportamenti e dal fatto stesso di essere parte di un'organizzazione o occupare uno spazio in un ufficio.
Non ha alcun senso imbrigliare una realtà dinamica in ruoli predefiniti; essa va lasciata pulsare, ribollire, occorre darle sfogo, lasciarla modificare e fluire: procedure, schemi, pianificazioni rigide sono ostacoli alla capacità generatrice dell'organizzazione, ne impediscono la crescita, l'espressione di tutte le sue potenzialità innovatrici.

Ecco quindi che l'arte di Giacometti ci richiama a riflettere sulla dimensione delle nostre esistenze come hommes qui marchent anche in quei contesti in cui crediamo - o speriamo - che la nostra libertà e la nostra responsabilità non abbiano modo di dispiegarsi nella loro più ricca pienezza o in cui, più semplicemente, temiamo di doverne prendere atto e operare di conseguenza.