giovedì 13 giugno 2013

Tempo di carta

Vivo abitualmente tra stratificazioni pluriennali di scartoffie, con relativa differente stagionatura della polvere. Se mi serve qualcosa, faccio 12 starnuti e trovo tutto: le cose più antiche negli strati più vicini al tavolo, le più recenti in quelli alla cima delle varie torri. Di solito però non mi serve mai nulla e le mie architetture, come palazzi yemeniti di carta, continuano a torreggiare e affinare polvere, forfora, peli di varie consistenze e qualche capello.
Ieri ho iniziato l'opera di smantellamento e bonifica dell'area, un'operazione che mi costa moltissimo perché io sono uno di quelli che non butta via niente perché "non si sa mai" e perché non so distinguere le cose importanti - o supposte tali - da quelle che non lo sono. Ma ieri mi sono messo d'impegno e, con l'anima ferita come una tela di Fontana, ho riempito un cesto di riviste, articoli, stampati, slide, appunti, dépliant: mesi, anni, di lavoro, di progetti e di attese mie e altrui. Migliaia di acari veterani depositatisi su decine di decisioni e buoni propositi. Spesso a chiedermi se me ne fosse mai importato qualcosa di questi lavori e non fossero stati solo un modo poco soddisfacente per procurarmi la pagnotta. La risposta me la dava il corpo: il fastidio fisico, il respiro contratto, l'apnea dello stomaco, nel leggere brandelli di carta prima di eliminarli: corsi di formazione inutili, consulenze mal pagate, o mai pagate, su come usare un po' di buonsenso di pronta beva; parole, paratassi, ipotassi, senza  più alcun contenuto. Ho trovato persino una poesia scritta su un foglio di macchie ingiallite, era appena il '96, e non mi ricordo già più nulla, mi è totalmente estranea, come se il suo ignoto autore si fosse impossessato della mia carta e della mia penna in uno dei pochi giorni in cui non ero alla scrivania, lì, a presidiare il tempo affinché non scorra. Una poesia brutta, ostica, ermetica, ma dal titolo rivelatore per chi sta liberando la sua sfera di sopravvivenza dalle concrezioni e le appannature del passato: "Epilogo".



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